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Squarci originali e inediti della vita italiana tra la fine della guerra e il 1957 ci sono offerti dalle lettere a Di Vittorio raccolte e commentate da Myriam Bergamaschi (con la collaborazione di Cristiana Pipitene e Gianni Venditti). Scrivono a Di Vittorio donne e uomini dell'Italia uscita dalla guerra mondiale, travagliata da grande miseria; scrivono personaggi dei ceti sociali più miseri e persone dei più disparati ambienti (dal prete al carabiniere) animati dalla fiducia verso di lui e dalla speranza di conseguire soddisfazione per le loro richieste. Il leggendario leader sindacale della CGIL appare vicino a questo "popolo lavoratore", pronto a interessarsi non solo al loro destino collettivo ma anche alle sorti dei singoli con una premura quasi paterna che si esprime soprattutto quando i suoi interlocutori sono giovani, orfani di vittime della violenza poliziesca. Questo campionario di scritture popolari è una testimonianza straordinaria del fascino e del carisma dell'uomo, illuminante anche per la concezione che egli ebbe del sindacato; ed è infine - come scrive Antonio Gibelli nel suo saggio introduttivo - uno spaccato della società italiana e delle mentalità collettive negli anni della Ricostruzione.